Esperienze di pre-morte
di Mario Campli
Mi riferisco all'articolo
"Alle soglie dell'aldilà - Esperienze
dissociative in prossimità della morte"
pubblicato a p.44 del numero 24 di S&P. Vi sono
commentate le esperienze relativamente comuni dei
soggetti che in qualche modo sono stati "prossimi alla
morte". Si tratta di situazioni insolite come
l'autoscopia, ovvero la "fuoriuscita" dal proprio
corpo, che viene osservato dall'esterno, o circostanze
apparentemente in contrasto con il momento drammatico
che si sta sperimentando della propria morte, come un
grande senso di pace e serenità.
Questi fenomeni presentano singolari analogie in quasi tutti i racconti delle esperienze di pre-morte, ma possono essere ben spiegati in base alle nostre conoscenze in campo psicologico e neurofisiologico: la stessa concordanza delle testimonianze può essere vista come una ulteriore conferma alla esistenza di meccanismi precisi che si innescano in quel delicato connubio di mente e materia che è il nostro cervello quando è sottoposto allo stress intenso della percezione dell'imminenza della morte.
Vorrei aggiungere che è una esperienza comune, per chi come me fa il chirurgo, ascoltare il racconto da parte dei propri pazienti di un "risveglio" durante l'anestesia. Il soggetto riferisce di aver ripreso conoscenza nel corso dell'intervento chirurgico, e narra senza mai aggiungere particolari troppo precisi - di aver percepito "tutto": le fasi della operazione, la conversazione dei chirurghi, il rumore delle apparecchiature, e via dicendo. Quando però il paziente cerca di focalizzare i dettagli del suo racconto, il chirurgo finisce invariabilmente per rendersi conto che tutta la narrazione del risveglio "durante" l'intervento altro non è che la elaborazione di quanto è accaduto nella condizione di coscienza alterata che precede immediatamente l'induzione dell'anestesia e segue la fine della stessa. In pratica, il paziente ricorda confusamente quanto accaduto appena dopo il risveglio dell'anestesia, quando è ancora intubato e anestesista e infermieri sono affaccendati attorno a lui al termine dell'intervento; a volte ricorda confusamente anche i pochi attimi trascorsi prima di addormentarsi, e a causa della alterata percezione del tempo e delle sensazioni che si associa allo stato di coscienza obnubilata che precede o segue la completa perdita di coscienza, riferisce i suoi ricordi, ampiamente rimaneggiati e integrati dai meccanismi della memoria, a una fase nella quale era sicuramente privo di impressioni sensoriali.
Il parallelo con i casi di pazienti "morti" e poi "rianimati" in camera operatoria o in pronto soccorso, che raccontano di aver udito e visto medici e infermieri che si affannavano intorno al loro "cadavere" è fin troppo facile. In questi casi, poi, c'è da aggiungere la facilità (a volte la faciloneria) con la quale una persona si definisce o viene definita "morta" e poi "rianimata": la scienza medica non può e non potrà mai "rianimare" un paziente morto, dal momento che una delle caratteristiche tecniche della definizione operativa di morte in uso nei reparti di rianimazione è proprio la sua irreversibilità, che dipende da un danno definitivo e permanente a strutture non recuperabili: e non basta certo un elettrocardiogramma piatto per qualche minuto per definire "morto" un paziente.
L'articolo di S&P. non cita, inoltre, un altro elemento comunissimo nei racconti delle esperienze di pre-morte che naturalmente ha anch'esso una spiegazione meno "spirituale" e più prosaica. Sto parlando, ovviamente, del "tunnel verso la luce" che in un modo o nell'altro è presente nella grandissima maggioranza delle testimonianze di individui che si considerano "strappati alla morte". Tutti costoro riferiscono di aver fluttuato in una oscura galleria al termine della quale si intravedeva una brillante radiosità; di aver percorso un buio tunnel che si apriva verso un cielo chiaro e sereno; di aver visto la "Luce" in lontananza. Di che si tratta?
Anche nella notte più profonda, anche con gli occhi serrati, è possibile per chiunque percepire una specie di "scintillio" diffuso: sono i fosfeni, Immagini spurie prodotte dalla scarica casuale e spontanea dei neuroni della corteccia visiva e dai fotorecettori della retina. Un facile modo per vedere meglio i fosfeni è stimolare i fotorecettori visivi meccanicamente, con un aumento della pressione sugli occhi come accade quando si tossisce o quando ci si sfrega le palpebre. Questa è la "luce" che viene percepita dal "morente". L'effetto tunnel è prodotto da un altro meccanismo fisiopatologico: quando nel cervello si verifica un insufficiente apporto di ossigeno, l'attività dei neuroni si deprime, fino alla completa perdita di coscienza. La depressione dell'attività neuronale a livello delle strutture deputate alla visione produce caratteristicamente un restringimento del campo visivo, come ben possono testimoniare le persone coinvolte in incidenti stradali per guida in stato di ubriachezza. Il restringimento del campo visivo, che equivale a guardare attraverso un tubo di cartone, associato alla visione dei fosfeni nel campo visivo residuo produce la visione del "tunnel verso la luce".
Qualcuno potrà forse dolersi della demolizione delle "prove" di una vita dopo la morte, come vengono presentati spesso questi fenomeni; ma non ha senso coltivare la speranza sulle illusioni. Diviene a questo punto una questione di fede personale, che non deve però spingere chi crede al punto di stravolgere la realtà e reintepretarla a proprio piacimento. Quello del destino riservatoci dalla morte resta, per la scienza, un mistero, al quale accostarci con rispetto e compassione, per accompagnare "tenendo per mano" chi ci lascia nel modo più sereno possibile, ricordando che si tratta di un appuntamento al quale nessuno di noi potrà mancare.
Mario Campli
Medico Chirurgo
Specialista in Chirurgia d'Urgenza e Pronto
Soccorso
Pubblicato sul n.27 di Settembre/Ottobre 1999
di Scienza & Paranormale -rivista di indagine
critica sul paranormale-
organo ufficiale del CICAP
Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni
sul Paranormale.
Proprio su questo argomento ho partecipato ad una puntata del programma televisivo di attualità e approfondimento giornalistico "Matrix", andato in onda su Canale 5 il 20 gennaio 2011